L’era degli annunci targettizzati finirà insieme all'abbandono dei third-party cookie? Continua a leggere per scoprire il punto di vista di Adasta.
Per molti anni la pubblicità programmatica ha utilizzato i cookie come mezzo per portare agli utenti una pubblicità personalizzata e pertinente. I cookie sono stati efficaci nel definire il pubblico di riferimento per tutte le diverse tipologie di pubblicità digitali: display, native, video etc. Ora, l’era dei cookie di terze parti è quasi giunta al capolinea: Safari, Edge e Firefox hanno già smesso di supportarli, mentre Chrome darà loro l’addio nel 2024.
L’abbandono dei third-party cookie è un’opportunità per costruire un’infrastruttura di identificazione più efficiente e sicura per la privacy che funzioni per l’intero ecosistema pubblicitario e, in definitiva, per gli utenti stessi. Ma questo non significa che l’era degli annunci targettizzati sia finita, anzi. I publisher e le agenzie hanno ora grandi opportunità per adeguarsi ed evolversi nella gestione delle loro inventory. Una di queste è il Contextual Targeting, nel quale gli annunci pubblicitari vengono posizionati all’interno di articoli esaltandone la comunicazione e migliorando l’esperienza utente.
Ma come funziona nel dettaglio e perché si è sentita l’esigenza di abbandonare i cookie di terze parti? Scopriamolo.
Fine dei cookie di terze parti in Chrome: le alternative
Prima Safari, Edge e Firefox, e ora anche Chrome, che è utilizzato da quasi il 70% degli utenti italiani: sono ormai tutti i browser principali ad aver abbandonato i cookie di terze parti. Ma cosa sono i cookie di terze parti? Differenti da quelli di prima parte che invece sono creati e utilizzati solo dal proprietario del sito web, i cookie di terze parti permettono di acquisire informazioni utili sul comportamento degli utenti in associazione a diverse piattaforme, rendendone possibile una profilazione e identificazione completa.
Uno strumento molto utile quindi per profilare un utente e proporre solo pubblicità di possibile interesse, ma che nel tempo è stato sempre più percepito come un’invasione della privacy. Ecco quindi la decisione dei principali browser di abbandonare questo sistema, nelle parole di Google: per «rendere il Web più privato e sicuro per gli utenti».
Universal ID VS Contextual Targeting
Con la fine dei cookie di terze parti si è visto un proliferare di soluzioni alternative. Una di queste è l’Universal ID, un identificatore unico che viene assegnato agli utenti per abilitare il monitoraggio multipiattaforma. Perché questo sistema di identificazione possa funzionare, c’è bisogno ad esempio del login dell’utente all’interno del sito del publisher; questo perché è necessaria una variabile persistente nel tempo come un numero di telefono, una e-mail o, per i grandi player, un accesso ai social.
Il login però non è una strada praticabile per tutti i siti: la maggior parte infatti prevede una fruizione del contenuto libera e frettolosa, come ad esempio la lettura di un articolo in un sito di news o gossip.
Il Contextual Targeting è quindi una soluzione più efficiente per proporre inserzioni rilevanti anche in siti in cui non è previsto il login dell’utente.
Cos’è il Contextual Targeting e come funziona
Il targeting contestuale permette di posizionare un’inserzione in una pagina web che tratta un argomento affine. Per fare un esempio, è il metodo che permette di pubblicare un’inserzione di una pubblicità di vestiti da sposa in una pagina web che parla di matrimoni, oppure la pubblicità di un’agenzia immobiliare in una pagina web che parla di ristrutturazioni. Le pubblicità risulteranno quindi rilevanti e potenzialmente utili per l’utente che, grazie al contenuto, sappiamo essere interessato all’argomento.
Il Contextual Targeting funziona grazie a dei bot che scansionano testi, foto e video di molteplici pagine web, classificandone il contenuto e inserendole all’interno di un vasto gruppo di URL. L’inserzionista andrà poi a interrogare questo gruppo per classificare cluster di URL in base all’affinità dell’argomento da lui identificato.
Negli scorsi anni, per individuare un contenuto rilevante ci si basava sull’abbinamento tra parole chiave. Oggi, i bot sono diventati sempre più intelligenti e performanti: oltre a ricercare per parola chiave, riescono anche a capire il contesto della pagina, la sensazione generale, negativa o positiva, e l’argomento in generale. Sempre di meno quindi ci sono incomprensioni e false affinità date dall’omonimia o interpretazioni sbagliate del sentiment della pagina. Questo è molto importante perché, come rivela uno studio condotto da IAS, «il 77% dei consumatori concorda sul fatto che il sentiment del contenuto influisce sulla percezione nei confronti dei brand che fanno pubblicità sulla pagina».
I vantaggi del Contextual Targeting
Ma quali sono quindi i vantaggi di affidarsi al targeting contestuale per trovare il giusto matching tra utente e inserzione?
- Sempre più utenti su Internet desiderano un Web senza cookie, perché estremamente preoccupati per la propria privacy online. Il targeting contestuale, non avendo bisogno di cookie, consente comunque di raggiungere gli utenti giusti senza invadere la loro privacy.
- Fornisce un’esperienza più personalizzata e memorabile agli utenti rispetto agli annunci casuali, perché permette di proporre contenuti pertinenti. Un sondaggio condotto da IAS ha infatti rivelato come «per otto consumatori su dieci (80%), gli annunci in contesti appropriati sono più memorabili».
- Mentre l’audience e il behavioral targeting comportano investimenti nella gestione, monitoraggio e archiviazione dei dati, il targeting contestuale si concentra su dati a livello di pagina in tempo reale, rendendolo più facile da implementare.
- Permette una maggiore creatività negli annunci perché basati su un argomento e sul contesto. Ci si può quindi discostare dai dati per un approccio più creativo all’annuncio.
- Un sondaggio condotto da IAS ha infatti rivelato come «la percezione di un brand da parte dei consumatori è influenzata dai contenuti adiacenti alla pubblicità e dal sentiment della pagina». Il Contextual Targeting è quindi un aiuto sia per la Brand Safety che per la Brand Reputation, perché permette di esercitare il controllo sull’argomento dell’annuncio e su quale tipo di sito andrà posizionato.
Il futuro del Contextual Targeting nel Programmatic Advertising
Stare al passo con il dinamismo della industry della pubblicità online non è semplice. Quando un metodo di targeting viene dismesso, come nel caso dei cookie di terze party, o ci sono delle novità nei metodi e nei processi, non è sempre facile avere tutte le conoscenze necessarie a sviluppare una nuova strategia che porti al raggiungimento dei risultati pubblicitari desiderati.
Ecco perché affidarsi a una concessionaria pubblicitaria digitale, come Adasta, può essere un valido aiuto per restare al passo con tutte le future modifiche.